STORIA

I NORMANNI


I Normanni (Houben)
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Le ragioni dell’espansione scandinava sono molteplici: non è chiaro se sia stati la sovrappopolazione, la carenze di terre per l’agricoltura o piuttosto la brama di conquista. Ondate migratorie si ebbero già nel II secolo a.c ma assunsero una nuova dimensione solo fra VI e VIII secolo quando ebbero sviluppato imbarcazioni a vela rapide che consentirono loro di coprire distanze maggiori.
A partire dal 810 i vichinghi resero insicure le coste del mare del Nord fino ad arrivare all’attuale Francia. I sovrani franchi non disponendo né di una flotta né di un esercito permanente, non furono in grado di organizzare una difesa efficace. A costoro non rimase che indurre gli invasori alla stanzialità attraverso il pagamento di tributi.
Preso atto di questa debolezza regia, i vichinghi iniziarono un lungo periodo di conquiste. Anche il re della Francia orientale, Carlo III il Grosso, non poté nulla contro l’avanzata vichinga e venne deposto a favore di Oddone il primo re non franco.
Questo scossone si ebbe anche...

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STORIA BIZANTINA



ROMA NELL’ALTO MEDIOEVO
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Il libro inizia con la riconquista di Zenone di Costantinopoli che indusse Odoacre, ad inviare un’ambasceria del Senato romano proprio nella città orientale.
Quest’ambasceria del Senato, aveva il compito di comunicare a Zenone che non c’era più bisogno di due Imperi ma che ne sarebbe bastato uno, e doveva essere quello di Costantinopoli.
Così facendo Odoacre voleva da Zenone il conferimento della dignità di patrizio e del governo della diocesi italiciana. Ma non aveva fatto i conti con Giulio Nepote, l’allora Augusto romano.
Infatti Roma, pur cadendo nel suo triste epilogo, aveva designato il nuovo Augusto: Giulio Nepote, nonostante in molti credevano che le capacità e il prestigio di quest’ultimo erano davvero minime..... (CONTINUA SUL LINK DEL DOWNLOAD)

AI CONFINI DELL’IMPERO 
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Gli studi sull’Italia meridionale, sono in parte gli studi sull’Italia bizantina tanto è l’influenza in questo periodo storico da parte della Roma d’Oriente. Fra il V e VIII secolo, c’è proprio il fulcro di questa influenza storico-culturale nella penisola italiana, la constatazione che esiste una nuova Roma al di là del Bosforo ed ha un nome preciso: Costantinopoli.
Il saggio inizia dalla fine dell’Impero romano d’Occidente, una fine avvenuta in modo silenzioso, ma comunque sia, con una ratifica importante come quella del Senato romano manipolato da Odoacre.
Il Senato infatti dichiarava finito l’Impero romano d’Occidente e la conquista effettiva della penisola italiana da parte dell’Impero bizantino, da svolgere con il patrizio Odoacre. Ma Zenone vide in questo, un attacco diretto a Giulio Nepote, l’Augusto in carica, per il quale aveva appoggiato la sua proclamazione ad Imperatore romano. Nonostante ciò gli sviluppi futuri diedero torto a Zenone, in quanto non ci furono più gli elementi per tenere in vita l’Impero d’Occidente, tant’è che esso cadde prima sotto il regno barbarico di Odoacre e poi sotto quello di Teodorico..... 
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ROMA FRA ORIENTE E OCCIDENTE
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Il saggio inizia con il papa Zaccaria e un passo a lui dedicato dal suo biografo, il quale riteneva come opera più importante di Zaccaria, l’aver tradotto in greco i “Dialogi”, opera di Gregorio Magno. Questo, per il biografo, era il coronamento del pontificato di Zaccaria, in quanto, in questo modo, aveva fatto conoscere un’opera così importante a tante comunità non latine.
Zaccaria era originario di Santa Severina, e fu molto importante proprio per dare un’impronta greca più marcata al soglio pontificio. In realtà bisogna ricordare che i Papi greci iniziarono con Bonifacio VIII.... 
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S-FASCI D'IGNORANZA



"Il Fascismo ha portato le pensioni e i servizi infortunistici"!
Ignoranti, bisogna considerare prima le riforme in età giolittiana. Con Giolitti, e ancor prima, si è avuto un primo progetto di previdenza sociale, come l'assicurazione sul lavoro contro gli infortuni nel 1898, la giornata lavorativa di 12 ore, l'etá minima per lavorare di 12 anni.

"Ma va bè, allora ha inventato le case popolari".
Ecco le vostre case popolari: l'attività edilizia varata in quegli anni risultò fortemente caratterizzata da un netto divario, sia quantitativo che qualitativo, tra gli interventi voltI alla costruzione di abitazioni residenziali e quelli relativi alla realizzazione di alloggi popolari. Fu cioè favorita, a discapito di quella operaia, l'edilizia destinata ai ceti medi. La costruzione di nuove abitazioni popolari seguì, quindi, un ritmo più lento rispetto alle opere di demolizione nelle aree di insediamento operaio. Nel 1937 il prefetto di Terni fu costretto ad emettere un'ordinanza in base alla quale si costringevano i proprietari a denunciare gli appartamenti e i locali sfitti. Più famiglie erano costrette a servirsi di uno stesso appartamento. A causa di tale fenomeno i prezzi degli affitti lievitarono da 45-50 lire per vano a circa 100 lire mensili. L'unico intervento di edilizia popolare varato durante il fascismo dall'amministrazione pubblica fu il risanamento di borgo Costa che prese il nome di quartiere Corridoni. Fra il 1935 e il 1938 furono realizzati i primi cinque palazzi, per un totale di oltre 150 alloggi. Altri ne furono realizzati fra il '39 e il '40. Nel complesso la qualità dei singoli alloggi non era certo delle migliori. Pochi infatti i vani a disposizione delle famiglie e criticabile la disposizione delle cucine all'interno delle camere. L'intervento di risanamento fu interrotto nei primi anni quaranta lasciando incompleto il primo isolato e del tutto irrealizzato il secondo.

Un vero programma a sostegno dell'edilizia per ceti meno abbienti, si ebbe con il "piano INA-CASA", nel 1950 nella cosiddetta stagione del centrismo, quando fino al 1963, vennero costruiti più di 355.000 alloggi!!

"Però le porte delle case erano aperte", (-e bé, non c'era nulla-)! Ma a che prezzo??
Non voglio fare qui una disamina storica del Fascismo, nella sua prima parte con buone idee, ma cazzo, ignoranti di strada, capre, lo sapete il prezzo che abbiamo pagato?!? Il prezzo del sangue, del terrore, della paura, dei morti in strada e dell'inesistente libertà.

Nessuno poteva esprimere una piccola opinione contraria se no sarebbe stato carcere per tanti e tanti anni. Se non si era d'accordo si viveva da emarginati, da cani bastardi di strada. Non c'erano oppositori politici: l'uccisione di Matteotti vi dice qualcosa ignoranti di strada?! L'economia italiana non fu mai su livelli alti. Il fallimento del piano bonifica?! L'abbandono delle campagne per guerre dispendiose come quelle africane vi dice qualcosa? Ignoranti di strada!! Sapete qualcosa di un amore in frantumi solo perché l'amata di turno era ebrea?!
Sapete cosa voglia dire non entrare in un locale perché appartenenti ad un'altra razza?! Essere deportati in campi di morte solo perché Mussolini ha scelto la guerra da portare avanti insieme ad Hitler?! Capre, questo non lo ricordate?!?! Parlate di immigrati oggi: ignoranti, sapete cosa abbiamo portato in America?? Sapete che venivamo trattati come cani?!? O credete che siamo sempre stati noi i padroni del mondo?!?
Ignoranti, pecore italiane da fb, sapete le lacrime di una mamma per un figlio perso per una guerra mai voluta? Di un regime che voleva tutti con il capo chino ad obbedire!! Della democrazia inesistente, delle votazioni mai avvenute, tanto sapete, c'era già chi decideva per tutti e quindi i cittadini la prendevano sempre in quel posto, perché mai nessuno chiedeva loro la propria opinione!!

Ignoranti e capre italiane, di Storia ne deve parlare chi ne sa!

Come di cucina tutti ne possono parlare tutti ma un cuoco ne saprà sempre di più perché c'è dello studio dietro, come di fotografia per un fotografo, come di calcio possiamo parlarne tutti ma un allenatore professionista ne saprà sempre di più, c'è dello studio dietro. Io non dico di saperne molto, ma 15 anni di passione verso la Storia, voti alti, laurea in Storia, specializzazione in corso, studio serio con passione e sacrificio, notti insonne, e libri scritti tutti con parti storiche! Bé, tutto ciò mi fa parlare con una certa conoscenza della Storia contemporanea.

Ignoranti e capre da Facebook, non bastano statistiche e link del cazzo per capire cosa sia stato il fascismo in Italia. Oggi tutto risulta meglio rispetto ai politici di merda che abbiamo, ma questa non è una valida ragione. E' comodo far paragoni vero???
Piuttosto domandatevi chi dovete ringraziare per poter dire la vostra oggi su fb!!! Vi crogiolate nella vostra libertà senza comprendere chi ha lottato per renderla possibile!! Ignoranti, vi dice qualcosa De Gasperi, Togliatti, Berlinguer, Moro, Pertini, Nenni, l'Italia del Boom economico?!?
Ignoranti, sapete cos'è stata l'Italia di fine anni '50? Terza potenza economica europea? Perché parlare del fascismo come etá dell'oro prendendo sempre pochi spunti storiografici? Parlate di un'altra Italia!!

Poi si dovrebbe anche parlare di due Italie, quella del Nord e del Sud, ma voi non capireste, vi basta pubblicare due stronzate e poi sarà la vostra ignoranza a dire nei bar "Ehh, era meglio con Mussolini"!

Guardatevi intorno, la Russia potrebbe dire la stessa cosa del comunismo e altri del loro totalitarismo. L'Italia oggi é un paese a pezzi, ma prima di aprire bocca, cercate di conoscere e non parlare da capre. Scusate, ma studio da una vita e vedere degl'ignoranti farsi professori della mia specializzazione, proprio non mi va. Lo devo alle mie notti piene di studio, ai miei professori con onestà intellettuale, ai miei sacrifici e a quelli dei miei genitori. Parlate di calcio e lasciate la Storia a chi la studia e a chi ne cerca di farne il proprio mestiere!!

II PARTE

CARO CUGINO LA RISPOSTA NON E' NEL FASCISMO!!!

Caro cugino, parlare per sentito dire non é mai una buona cosa! Bisogna studiare non per forza viverle le cose! Bisogna parlare con dati alla mano, capire l'inesorabile declino morale, sociale ed economico che ha portato il fascismo. Comprenderne la sua dittatura e non cadere nel gioco del passato migliore del mondo moderno.

Oggi non va bene un cazzo ma mi fa davvero ridere che l'ignoranza partorisca discorsi del genere. Il fascismo è stato un cancro come il comunismo sovietico, se vuoi guardare ad un'Italia che prova a rialzarsi guarda allora a De Gasperi, Togliatti, Pertini, Berlinguer, guarda un'Italia che combatte la strategia della tensione superando le idee politiche, guarda l'Italia del boom economico, terza potenza europea; l'Italia repubblicana nei suoi primi anni é stata la risposta all'antidemocrazia fascista, quella che vedeva milioni di italiani morire per guerre che hanno solo portato miseria, guerre africane inutili perché Mussolini voleva solo far pesare un paio di migliaia di morti al tavolo delle trattative. Come anche la pensione, bisogna sapere che c'erano già delle leggi in età giolittiana che disciplinavano le retribuzioni, come anche per il lavoro.

Mussolini è colui che ha teso la mano ad Hitler, che ha permesso i campi di concentramento, colui che considerava gli ebrei e i gay come topi di fogna. Ma di cosa parliamo? Ma la vogliamo finire con questi falsi miti??

Tutti possiamo parlare ma bisogna avere la conoscenza necessaria per parlare di determinate cose. I nostalgici ci sono ovunque ma ricordati che sperare nel fascismo da ad altri la speranza di sperare nel comunismo e così riparte la Storia delle tragedie.

Immergiti nella Prima repubblica e vedrai l'Italia che riparte e se proprio vogliamo dirla tutta, non é mai esistita l'Italia come la pensava Mussolini, infatti, noi al Sud siamo sempre stati di troppo, sin dal 1861 quando hanno deciso di boicottare la nostra ricchezza facendoci diventare terra di conquista. Il tuo Duce era un socialista caro mio, una persona nata in un contesto democratico che poi ha innalzato il suo ego su una nazione intera. Non c'erano partiti, non c'era libertà!! Se oggi chiunque può dire cazzate bisogna dire grazie a chi ha sacrificato la propria vita, e smettiamola di paragonare tutto ad oggi, troppo comodo, storiograficamente non regge!

Il tuo Duce amava così tanto la patria che quando l'armistizio con gli americani entrò in scena, non fece nulla per salvare la vita a dei poveri italiani lasciati in pasto ai tedeschi.

Leggi di Cefalonia, di italiani gettati nei lager, mi fate paura voi che aspirate ad un ritorno di un'età da brividi dove io sarei dovuto emigrare, o sarei stato ucciso perché non in tendenza con le idee vigenti.

Caro cugino, parlo da conoscitore della Storia perché sono 15 anni che la studio e che ne cerco di farla diventare il mio mestiere. Naturalmente niente é riferito a te, ma non capisco perché io devo essere coerente raccontando anche gli sbagli di una figura che io amo come Che Guevara, e non capisco perché gli altri non possono fare lo stesso con Mussolini, ma lì entra in gioco l'onestà intellettuale ed è proprio lì che viene il problema. Tu ce l'hai, non perderla, non cadere in facili link di FB, io mi fido di te non di gente ignorante che é convinta che il fascismo sia stata l'età dell'oro.

Non facciamo paragoni facili, e se proprio vogliamo farli, allora, come già detto, facciamoli guardiando ai Berlinguer e ai De Gasperi!!!!
dott. Davide Beltrano IlFolle


CHE GUEVARA E L'AFRICA: STORIA DI UNA RIVOLUZIONE MANCATA.


Siamo nel Luglio del 1963; Che Guevara ormai stabilmente ministro dell'industria a Cuba, mette per la prima volta piede in Africa.
E’ una giornata calda, a tratti insopportabile. Il Che ha nel viso un Luce diversa. Si è recato personalmente in Algeria non per un viaggio di stato, ma per un viaggio personale, per essere presente al primo anniversario dell’indipendenza del popolo algerino che, dopo circa 130 anni, si era liberato dal colonialismo, diventando così, insieme all’Egitto un esempio di libertà per tutto il popolo africano. Il Che sa bene dell’importanza di quest’anniversario, l’importanza rivoluzionaria di questo giorno; pensa infatti, che questo episodio possa essere una sorta di grande esempio che spinga i paesi africani a rompere le catene dello sfruttamento coloniale europeo. La giornata trascorre in maniera molto veloce e il Che è accolto trionfante dal popolo algerino. Partecipa anche ad un seminario di pianificazione per la città di Algeri; rimane fino alla fine attratto completamente dalla voglia di rinnovamento della classe politica algerina. In serata rimane a colloquio con Ben Bella e Boumedien. Quando alcuni giornalisti chiedono al Che perché avesse scelto di visitare l’Algeria, Guevara risponde senza mezzi termini: “Perché Cuba e l'Algeria devono servire d'esempio a tutti i Paesi dell'America e a quelli dell'Africa… bisogna aprire un fronte rivoluzionario”!

Le parole scuotono non solo l’Africa, ma tutto il mondo. Il piano rivoluzionario di Che Guevara comincia a spaventare gli europei. Di ritorno dall’Algeria, il Che, porta con sé Boumedien, che a sua volta venne invitato per la festa del 26 Luglio a Cuba, in rappresentanza del suo paese. Ora i rapporti fra le due nazioni si fanno sempre più stretti. In ogni conferenza o intervista, Guevara spinge sempre sullo stesso concetto, affermando: “l’indipendenza dei paesi sottosviluppati è il primo passo verso un futuro diverso”. Proprio in merito a questa questione, quando il Che a Dicembre dello stesso anno è a New York, in rappresentanza della delegazione cubana alla XIX assemblea dell'Onu; pronuncia, il giorno 11, un discorso che scosse completamente l’opinione pubblica mondiale. Il suo pensiero durante il discorso va all’Africa, ma soprattutto al Congo dell’ormai defunto Lumumba, una persona che Guevara stimava oltre ogni limite; “Un fratello rivoluzionario”, come adorava chiamarlo! Il discorso del Che è rivolto contro gli occidentali e la loro politica coloniale opprimente. Infatti dopo la morte di Patrice Lumumba, il Congo, è ritornato ad essere un territorio controllato dagli europei attraverso capi africani e con l'assunzione del potere di Tshombe; la situazione, quindi, risultava essere di grande importanza.

Il Che parla sena mezzi termini alla platea di politici e rappresentanti dei vari stati europei, un discorso che ruppe finalmente il silenzio sulla situazione del Congo; il Che a testa alta legge il suo discorso: “Mi riferisco, nella fattispecie, al Congo, doloroso e unico esempio nella storia del mondo moderno di come ci si possa fare beffe, con la più assoluta impunità e con il più offensivo cinismo, del diritto dei popoli. Causa diretta di tutto questo sono le ingenti ricchezze del Congo che le nazioni imperialiste vogliono mantenere sotto il proprio controllo. [...] Come si fa a dimenticare la forma in cui è stata tradita la speranza riposta da Patricio Lumumba nelle Nazioni Unite? Come si possono dimenticare i giochi e le manovre che sono seguiti all'occupazione del Congo da parte delle Nazioni Unite, sotto i cui auspici hanno agito impunemente gli assassini del grande patriota?". Da quel momento in poi, il Che non scherza più, ma comincia ad avvicinarsi sempre di più al Congo; è in questo paese che intravede la colonna portante di un processo rivoluzionario che avrebbe dovuto coinvolgere l’intera Africa.


 II PARTE



A due anni dalla visita in Algeria, il Che si appresta ora a far visita al Congo. Vuole conoscere di più il paese, entrare a contatto con la gente, comprendere bene come costruire un fronte rivoluzionario che sia in grado di portare un nuovo vento di speranza. Sono i primi giorni di Gennaio, il Che è in Congo: incontra prima il presidente Debat e poi i dirigenti rivoluzionari angolani: Agostino Neto e Lucio Lara. Neto chiede subito a Guevara di inviare istruttori cubani per educare i suoi uomini alla guerriglia. Il Che però non si ferma e si reca subito dopo in Malì, dove incontra prima gli operai della Société des conserves du Mali; poi va a colloquio con Modibo Keita, insistendo sulla spinta rivoluzionaria che, da lì a poco, avrebbe dovuto travolgere l’intero continente.

Intanto a Cuba, l’eco delle parole di Guevara riecheggia in tanti giovani; a Febbraio dello stesso anno (1965), vicino a Pinar del Rio, un centinaio di volontari si appresta a indossare la divisa internazionalista che li porterà a fianco del Che in Congo. Ernesto Guevara capisce che è il momento di spingere di più. In pochi mesi decide di visitare altri paesi africani per organizzare le basi per un intervento armato che parta dal popolo; si reca prima in Guinea, poi in Ghana, continua per il Dahomey (oggi Benin), e infine si reca in Tanzania, dove individua il punto di partenza del suo processo rivoluzionario. Nei discorsi, tocca soprattutto i temi dell'istruzione, dell'organizzazione politica, sociale, economica e appena può s'incontra con i dirigenti sindacali. Il tasto su cui torna sempre, però, in qualsiasi occasione, è quello della inesauribile pratica neocolonialista dei grandi interessi economici mondiali in America Latina, in Africa e in Asia e la necessità, quindi, di un’unità d'azione tra i popoli di questi tre grandi e importanti continenti. Alla fine di questi viaggi, proprio dalla Tanzania, a Der-es-Salam precisamente, dichiara a tutto il mondo: "Dopo il mio viaggio attraverso molti paesi africani sono convinto che è possibile creare un fronte comune di lotta contro il colonialismo, l'imperialismo e il neocolonialismo".

Il Che decide di non tornare subito a Cuba, ma ritorna in Algeria, poi va in Egitto a visitare vari complessi metallurgici e tessili della capitale e la diga di Assuan, una fabbrica di fertilizzanti e lo zuccherificio Komombo. Compie anche un viaggio di propaganda in compagnia di Nasser: parla, discute e cerca di capire in ogni territorio africano quale sia la situazione nella totalità dei vari elementi. Rientra A Cuba, via Praga, il 14 Marzo del 1965. E’ l’ultima volta che il Che appare pubblicamente. All’età di 37 anni scompare agli occhi del mondo per preparare la campagna rivoluzionaria in Africa; ormai ha deciso, è ora di muoversi. Modifica completamente tutte le sue sembianze fisiche; ingrassa e taglia completamente i capelli, li tinge bianchi e gliene rimangono solo un paio ai lati. Poi parte per la Tanzania, con un passaporto intestato a “Ramon Benitez” e, con l’aiuto di altri rivoluzionari, arriva in Congo.

 In Congo, il Che, si muove come al solito: combatte con grande fervore, medica sia i ribelli che i contadini che riportano ferite durante i combattimenti, prepara sempre spazi dedicati alla scuola e all'educazione. Ribadisce più volte che non è lì per lottare al posto dei congolesi, ma al loro fianco. E’ convinto che la rivoluzione oltre che dai guerriglieri, debba partire dai contadini, dagli strati più bassi della popolazione.
Il Che, in Africa, non ha un atteggiamento autorevole, ma si lascia dare ordine dai capi africani che l’hanno chiamato; questo comportamento era un elemento fondamentale di Guevara, che rispettava le scelte del processo rivoluzionario che si creavano in ogni paese. Per capire la lingua del posto usa un dizionario francese e swahili che porta con sé in ogni dove. Guevara non è il solo cubano in Congo, ma con sé son partiti altri compagni rivoluzionari: José Mar¡a Mart¡nez Tamayo, Harry Villegas e altri compagni che lo accompagneranno anche in Bolivia. Quello che raccomanda ai suoi uomini è di non lamentarsi delle condizioni precarie in cui agiscono, dei disagi del dormire sulla paglia o su una base di guano secco o per terra, con il terreno a contatto con la bocca. Anche il Che si deve adeguare e quando gli presentano dinanzi a lui un piatto di salse e farfalle, non si scompone, ma mangia tranquillamente il suo pasto quotidiano. La situazione in Congo però non cambia.

L’idea di Guevara era quella di dare un aiuto concreto al Movimento marxista dei Simba, sostenitori della politica di Lumuba. In suo aiuto era arrivato Kabila; capo guerrigliero. Il Che, però, con Kabila, non ebbe mai un buon rapporto, tanto da definirlo in una delle sue memorie: “Un personaggio insignificante. Niente mi fa credere che sia l'uomo adatto al momento"! La situazione comunque peggiora sempre di più anche perché arrivano Mercenari sudafricani e britannici ed esuli cubani a lavorare con l'esercito congolese per ostacolare i piani di Guevara. Gli europei cercano quindi di difendere i loro interessi non concedendo a Guevara neanche lo spazio per le comunicazioni via radio. Rimane così, in poco tempo, isolato da tutto e tutti mentre i suoi uomini cadono negli scontri campali quotidiani.

Ormai il Che è rimasto quasi solo; dopo sette mesi, stanco, malato e sofferente per l’asma, la fine di questa sua campagna rivoluzionaria è ormai alle porte. Sei dei suoi uomini muoiono, tanti altri rimangono feriti, ma il Che non demorde. Il suo piano è quello di rimandare a Cuba tutti i guerriglieri feriti e rimanere da solo con i suoi uomini a combattere fino alla fine insieme ai Simba, che intanto stava completamente indottrinando alla ideologia comunista. I suoi uomini però non erano affatto convinti di rimanere; si sentono isolati e la situazione, a dir loro, non poteva certo migliorare.
Da Cuba intanto arrivano anche due emissari mandati da Fidel Castro che convincono il Che, che bisogna ritornare in patria. Guevara decide di lasciare il fronte congolese individuando nell'incompetenza, nel settarismo e nelle lotte intestine delle varie fazioni congolesi le principali ragioni del fallimento della rivolta. Il Che però decide di non tornare a Cuba e passa i successivi sei mesi a vivere clandestinamente in Tanzania, a Der-es-Salam e poi nella Repubblica democratica tedesca. In questi sei mesi scrive le sue memorie sull’esperienza in Congo e sul fallimento della rivoluzione. Guevara non si perde però d’animo, torna per un breve periodo segretamente a Cuba, il tempo necessario per preparare un’altra campagna rivoluzionaria: in Bolivia.
Il giorno della partenza il Che si guardò dietro; pensò all’esperienza in Guatemala, alla vittoria rivoluzionaria in Cuba e al fallimento in Africa. Momenti e ricordi variegati che il Che si stava portando dietro. Guevara partì fiero e convinto di estendere il fronte rivoluzionario dell’America Latina, ignaro però, che quella, era l’ultima volta che vedeva la sua amata Cuba.

Dr Davide Beltrano IlFolle

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